Lo studio AFFIRM nella fibrillazione atriale

Da tempo vi è stato un “debate” (dibattito) su quale fosse la migliore strategia per il management della fibrillazione atriale.

  • Controllo del ritmo con i farmaci antiaritmici
  • Controllo della frequenza ventricolare con i farmaci antiaritmici (che rallentano la conduzione a livello del nodo AV).

Il razionale per avere un “rhythm control” (controllo del ritmo) consisteva nell’avere meno sintomi, miglior tolleranza all’esercizio, minor rischio di stroke, possibilità di interrompere la terapia anticoagulante, miglior qualità di vita.

Il controllo della frequenza (“rate control”), invece, è stata molto spesso una terapia secondaria per la fibrillazione atriale, intesa come una strategia semplice con antiaritmici che agiscono sul nodo atrioventricolare o con ablazione del nodo AV e seguente impianto di pacemaker.

Questo ha creato le basi per il famoso studio AFFIRM (Atrial Fibrillation Follow-up Investigation of Rhythm Management ).
Lo studio, pubblicato poi nel 2009 su NEJM, coinvolse piu di 4000 pazienti (4.060 per l’esattezza) con precedente storia di fibrillazione atriale e fattori di rischio per l’ictus ischemico. Da questo studio non è emerso nessun beneficio dei farmaci antiaritmici sull’incidenza di mortalità o su altri outcome.

Metodi

Nel gruppo “rhythm control” questi i farmaci utilizzati: amiodarone, disopiramide, flecainide, moricizina, procainamide, propafenone, chinidina, sotalolo.

Nel gruppo “rate control” questi i farmaci ammessi nel protocollo: beta- blockers, calcio antagonisti (verapamil and diltiazem), digossina.
La frequenza ventricolare media durante fibrillazione atriale è stata calcolata:

  1. a riposo
  2. durante attività (mediante holter24h ECG).

Risultati

Follow up medio 3,5 anni (massimo 6 anni).
Più morti sono occorse nel gruppo “rhythm-control” (controllo del ritmo) ma la differenza non è stata statisticamente significativa. (vedi figura sotto).

Studio affirm – mortalità nei due gruppi

La mortalità a 5 anni è risultata leggermente superiore nel gruppo dei pazienti trattati con farmaci antiaritmici ( 23,89% versus 21,3%; p=0.08 ). Anche lo stroke ischemico, non c’era nessuna differenza tra i due gruppi (1 percento in entrambi i gruppi).
Dunque lo studio AFFIRM ha dimostrato che l’obiettivo del “ritmo sinusale a tutti i costi” non ha più ragione d’essere. L’impiego dei farmaci antiaritmici nel trattamento della fibrillazione atriale è stato pertanto rivisto:
I pazienti con fibrillazione atriale pauci-sintomatica potrebbero giovare dal semplice controllo della frequenza ventricolare con farmaci quali: beta bloccanti e calcioantagonisti. Sicuramente, nei confronti di pazienti con fibrillazione atriale parossistica non si può utilizzare lo stesso trattamento.

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