Cosa fare se dopo l’ablazione la fibrillazione atriale recidiva?
Cosa fare se l’ablazione di fibrillazione atriale fallisce?
Molto spesso capita che alcuni pazienti vengano a visita con questa domanda. L’ablazione della fibrillazione atriale, può andare bene per qualche mese anche se fatta nei centri di eccellenza per ablazione cardiaca e poi ritornare. Dunque cosa fare?
Io rispondo pazientemente che non tutti i casi sono uguali. Per alcune fibrillazioni atriali è necessario intervenire ed eradicare alcuni “drivers” ossia punti specifici dell’atrio. Questi punti non sono solo situati nelle vene polmonari (dove solitamente ha luogo l’ablazione) ma anche in altre strutture quali la vena cava superiore o anche dentro il seno coronarico. È importante inoltre ricordare che, anche se il collega elettrofisiologo che ha eseguito la prima procedura è stato bravissimo, c’è un 20% di possibilità che il tessuto dove ha eseguito la “bruciatura” (ablazione) si possa riformare rendendo invano l’operazione effettuata. Molto spesso, infatti, si parla di “blanking” period ossia un periodo di 3 mesi dove il tessuto atriale si cicatrizza. In questo periodo alcune aritmie possono occorrere ed è considerato del tutto normale. In un centro di eccellenza per ablazione transcatetetere cardiaca come il nostro (Humanitas, Milano) abbiamo tutte le armi per dedicarci al trattamento di quel tessuto cardiaco.
Terminato questo periodo, se l’aritmia torna e ricorre nel tempo è necessario ri-eseguire una nuova visita aritmologica e definire gli step da percorrere nel prossimo futuro. Forse è necessaria una terapia farmacologica o forse una nuova procedura di ablazione transcatetere. Prima però bisogna:
- Escludere una sindrome delle apnee notturne del sonno (OSAS)
- Combattere tutti i fattori di rischio cardiovascolari (ipertensione arteriosa, obesità addominale, diabete mellito, dislipidemia)
- Combattere i disturbi dell’apparato digerente superiore (gastrite, soprattutto reflusso gastro-esofageo)
Se l’ablazione di fibrillazione atriale fallisce, infatti, potrebbe dipendere anche da questi fattori qui sovra esposti. La sindrome dell’apnee notturne del sonno (OSAS) è molto frequente (e anche sottovalutata) come cause di fallimento dell’ablazione transcatetere di fibrillazione atriale. Va sempre indagata e sospettata. Io chiedo sempre alle mogli dei miei pazienti se questi di notte russano e il respiro si “ferma” per qualche secondo.
Inoltre bisognerà sempre chiedere se il paziente soffre di reflusso gastro esofageo in quanto lo stomaco e l’esofago sono esattamente DIETRO l’atrio sinistro. Una banale irritazione gastrica puo esser responsabile di extrasistolia atriale e quindi della genesi della fibrillazione atriale.
Dunque cosa fare se il paziente lamenta ancora la ricorrenza di fibrillazione atriale o altre aritmie dopo una procedura di ablazione transcatetere? Prima di decretare il fallimento dovremmo escludere che in realtà si tratti di una semplice extrasistolia. Questa infatti potrebbe simulare la fibrillazione atriale ma non sono esattamente la stessa cosa. Dovrebbe essere anche esclusa una tachicardia atriale.
Pertanto è necessario sempre eseguire un Holter ECG magari delle 48h o dei 7 giorni in modo tale da registrare l’aritmia quando questa si verifica.
Ricordo dei casi molto complessi in cui nonostante due procedure di ablazione di fibrillazione atriale i pazienti risultavano sintomatici ancora per aritmie. La procedura eseguita da me con speciali sistemi di mappaggio è riuscita a identificare una aritmia più regolare (una tachicardia atriale focale) che era la responsabile della fibrillazione atriale. Pertanto ogni caso è a se stante. Bisognerà utilizzare gli strumenti appropriati e capire il paziente che si ha di fronte, bisogna sempre eseguire l’ablazione transcatetere in un centro di eccellenza per ablazione transcatetere cardiaca.
Intervenire con un’altra ablazione transcatetere
Se tutte le cause di fibrillazione atriale sono state ricercate, allora si potrà intervenire con un nuovo intervento che dura poco piu di un’ora. Procedura veloce, semplice che andrà selettivamente a colpire le vene polmonari che sono rimaste connesse.
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